My Story- Horror, Italian: Il Museo
- letydrago
- 27 feb 2015
- Tempo di lettura: 4 min
Mi trovavo in un museo. Tutto mi era familiare, le pareti, gli oggetti, le teche, persino le persone.
Potevo sentire dei rumori ritmici, profondi, intensi. Come battiti di un cuore. No, non era un cuore, erano tanti cuori che palpitavano insieme da tutti gli angoli del museo, tutto: i libri, i quadri, gli oggetti, ogni singola cosa sembrava avere un cuore, sembrava viva. Mi guardavo intorno...ero forse l’unica a sentirli? Nessuno sembrava sentirli, o se li sentivano probabilmente per loro era qualcosa di ordinario, superfluo.
Bisbigli vorticavano nelle mie orecchie, non erano voci umane, erano metalliche, erano carta frusciante, erano colori, che mi sussurravano nelle orecchie parole che non riuscivo a decifrare ma di cui comprendevo il significato, “vieni”, dicevano. Come era possibile? Come potevo io sola sentire sibili indecifrabili di cui ero persino in grado di comprendere il significato?
Mi guardai attorno e le persone che prima si muovevano ammirando questo e quell’artefatto del 1800 ora erano immobili,come statue di cera, come animali imbalsamati, morti. I battiti accellerarono,un assordante silenzio contrapposto ai battiti si impadronì della stanza che diventò fredda, buia, spettrale, si aggiunse un eco di passi lontani ma che si andavano avvicinado, lenti, solenni, inesorabili.
La mia testa non poteva sopportare tutto ciò: i battiti, il silenzio, i passi, i bisbigli. Cedetti alla tenzazione, mi avvicinai a una teca dove era custodito uno specchio seguendo uno dei sussurri che mi incitava ad avvicinarmi sempre di più, più mi avvicinavo, più sentivo la mia tempratura corporea alzarsi, bruciare.
Appoggiai le mani sulla teca, senza nemmeno accorgermene la trapassai fondendo il vetro, al tocco delle mie mani con lo specchio sentì un’ondata di fiamme pervadermi da cima a fondo.
Mi trovavo in una fatiscente abitazione di un bordello Londinese, era tutto incredibilmente silenzioso fino a quando un urlo straziante proveneiente dalle mie spalle non ruppe quel silenzio, mi voltai e vidi un uomo con impermeabile nero e cappello dello stesso colore che afferrava una donna con una mano e con l’altra le puntava un coltello alla gola; la prese e la fece sedere su una seggiola, la legò e imbavagliò, le porse uno specchio, lo stesso che stavo toccando e glielo legò alla mano in modo che fosse forzata a guardare. Iniziò con le sevizie, prima il viso, torturato, martoriato, ridotto a uno stato così orripilante da destare il digusto più forte. Ciò che rimaneva erano solo brandelli di carne insanguinata, eccetto gli occhi che rimasero intatti per permettere alla vittima di continuare a guardare le terribili torture.
Partì poi dalla gola, quello che vedevo era così terribile che liberò un urlo dalle più basse e remote parti della mia anima che eplose in un suono disumano, disperato, folle. In quel momento mi staccai dallo specchio.
La mia temperatura si abbassò tornando normale, poi semprè più fredda come quella della stanza. Sentivo i passi avvicinarsi facendo ciglolare il pavimento di legno. Mi sentivo terrorizzata, stavo impazzendo, le voci, i passi, il freddo, i battiti, tutto quel groviglio di suoni, sensi ed emozioni mi stava portando alla follia. Una lettera scritta con un inchiostro rosso mi attraeva a sè come una calamita. Posai nuovamente le mani sulla teca che la trapassarono raggiungendo le lettere, le fiamme presero corpo e mi ritrovai in fiamme,più di prima.
Mi trovavo in una grande villa, lussuosa, ricca, eccessiva, al cui interno si trovava di nuovo l’uomo vestito di nero, ma in quel momento era solo, davanti a sè aveva un foglio scritto a mò di lettera, una penna, dell’inchiostro rosso come il sangue, un vasetto di alcol etilico con dentro mezzo rene e il coltello insanguinato che avevo visto attraverso lo specchio poco prima. L’uomo stava concludendo la lettera:
“Potrei mandarvi il coltello insanguinato con cui l'ho tolto se solo aspettate ancora un po'. Firmato Prendetemi se ci riuscite Signor Lusk “
Il contatto si era interrotto. Mi trovavo di nuovo nella stanza del museo, la mia temperatura non scendeva ma andava alzandosi sempre di più, avevo le mani sulla lettera; non sentivo più il rumore dei passi, dei battiti, delle voci. Mi voltai, dietro di me c’era qualcuno con lo stesso impermeabile nero e il cappello che avevo visto attraverso gli oggetti, mi sorrideva, il suo sorriso macabro, orrendo, disgustoso mi terroriz
zava; improvvisamente ero in grado di capire tutto, sapevo chi era l’uomo, cosa aveva fatto e a chi. In quel momento una luce filtrò nella stanza iluminandogli il volto: quello che stavo vedendo non poteva essere reale, come era possibile che quell’uomo, quello che avevo sentito nominare tante volte, foose lui, che fosse quel brutale assassino?
Una sensazione di orrore così antica e potente mi pervase e il mio corpo fù travolto da una nuova onadata di fiamme, più intensa, forte e violenta di tutte le altre.
Mi svegliai urlando, affianco a me si trovava la lettera del sogno con i segni delle mie dita sopra, istintivamente mi guardai le mani: le punte delle mie dita erano bruciate.
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Questa è la mia prima storia horror.
L'assassino è Jack lo Squartatore un pluriomicida che viveva e agiva nel quartiere Londinese di Whitechapel nell'autunno del 1888. Ill pezzo di lettera che ho annesso nel testo fa parte di una reale lettera che lui scrisse all'investigatore che lo stava cercando. Ancora oggi non si conosce la vera identità di Jack lo Squartatore.
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